“Niki de Saint Phalle”, artista libera, ribelle e sensibile, al Mudec di Milano fino al 16 febbraio 2025

L’artista visiva e scultrice Niki de Saint Phalle a casa nel gennaio 1962, in Francia. (©Giancarlo BOTTI/Gamma-Rapho via Getty Images)

Una mostra da non perdere, piena di colpi di scena, dove la protagonista è un’artista pioniera tra le donne scultrici, indomita e geniale nel coinvolgerci nelle sue sofferenze esistenziali finchè scoprirà la gioia di vivere attraverso l’arte

Prodotta da 24 Ore Cultura, promossa dal Comune di Milano-Cultura e curata dalla critica d’arte Lucia Pesapane, la mostra, la prima antologica della Saint Phalle in Italia, porta in scena 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una selezione di video e opere di carta.

Chi conosce il Giardino dei Tarocchi, l’opera più importante dell’artista in Italia, con 22 sculture monumentali a rappresentare le carte degli arcani maggiori, resta esterefatto appena varca la soglia della mostra. Ad accogliere il visitatore nella prima sala è un assordante rumore di spari provenienti da una carabina tenuta in mano dall’artista. “Il momento più bello è quando sparo”, ama dire Niki, abilissima nelle messe in scena.

Tra l’esordio battagliero e il sognante giardino dei Tarocchi c’è l’abisso

Chi è Niki de Saint Phalle, “donna e artista”, come amava definirsi?

Niki nasce in una ricca famiglia borghese nel 1930 a Neuilly-sur-Seine e muore a San Diego nel 2002, madre francese e padre americano, che nel 1937 porterà l’intera famiglia a trasferirsi a New York per motivi finanziari. Cittadina del mondo, poliglotta, ribelle e bellissima, Niki a 11 anni viene molestata dal padre, innescando un trauma che risolverà solo quando scopre il potere della pittura nel distruggere i fantasmi del passato.

Prima di mettere a fuoco la vocazione artistica, posa come modella per Dior e s’interessa al mondo del cinema. A soli ventanni sposa lo scrittore Harry Mattews, da cui divorzierà nel 1957. Nel 1952 la coppia si trasferisce a Parigi, dove la futura artista fa servizi fotografici per Vogue ed Elle, mentre Harry scrive poesie.

A Parigi incontra l’artista svizzero Jean Tinguely, l’inventore delle sculture cinetiche (in mostra a Milano all’Hangar Bicocca fino al 2 febbraio), creativo quanto lei, che di Niki s’innamora a prima vista. Le sarà sempre accanto, affascinato dalla sua folle genialità. 

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L’arte salvezza dell’anima

Dopo la nascita del secondo figlio, Niki cade in una grave crisi depressiva, tanto da essere ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove per sopravvivere si butta sull’arte, dalla pittura, al collage. Torna a casa con le idee chiare quanto al futuro: sarà un’artista.

 Da questo momento in poi, l’arte sarà il mezzo per dedicarsi anima e corpo agli emarginati, in difesa delle diversità. Si occuperà delle donne, assoggettate ai ruoli di moglie, madre e sposa, dei più fragili, offrendo, attraverso l’arte, un rimedio contro l’ingiustizia e la possibilità di arrivare alla bellezza.

Gli Spari: violente performance per liberarsi dai fantasmi del passato

Niki de Saint Phalle non ha paura di nulla. Nei primi anni 60 sfida i benpensanti portando in scena i TIRI, venti performance alquanto inusuete. Il gesto violento dello sparo fa esplodere i sacchetti di pittura appesi alle tele che schizzano colori a caso, esorcizzando in questo modo la sua rabbia nei confronti della famiglia, contro la violenza subita dal padre, contro la chiesa cattolica e contro un sistema che esclude le donne dal potere. In mostra, tra gli altri, spiccano alcuni Spari “Cattedrali “ e “Altari”, dove accanto al suo anticlericalismo emerge il fascino delle cattedrali.

“Nel 1961”, dirà, “ho sparato su mio papà, su tutti gli uomini, sui piccoli, grandi, importanti, sulla società, la chiesa, la scuola, su me stessa…”.

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Le NANA, le coloratissime sculture femminili celebri in tutto il mondo

Sconfitto il dolore e il passato a colpi di fuoco, le figure femminili diventano il suo soggetto preferito. Donne mostruose all’inizio che riflettono il dramma di una posizione subalterna imposta dalla società, per trasformarsi in Nanà, un’armata di guerriere vincenti, che rivendicano i nuovi diritti a cui le donne aspirano. Sono donne in carne, grandi e forti, ben diverse dalle filiformi modelle di Vogue, pronte a cambiare il mondo con la dolcezza e la femminilità. Bianche e di colore, danzano, ballano, cantano, esprimono la “joie de vivre”, libere dagli incubi del passato, come la loro creatrice Niki de Saint Phalle.

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Musei e gallerie di tutto il mondo ambiscono ad avere una Nanà nelle loro collezioni, anche se spesso suscitano scandalo. Tra queste, la Nana monumentale creata per il Museo di Stoccolma, distesa sulla schiena a gambe larghe in modo che il pubblico possa entrare attraverso il suo sesso e visitare il cinema, il toboggan, il bar e il planetario installati all’interno.

Il Giardino dei Tarocchi

L’opera più famosa in Italia nasce dall’incontro a New York con Marella Caracciolo Agnelli. Diventano amiche. La moglie dell’avvocato s’innamora dell’idea di Niki di realizzare un parco simile a quello di Gaudì a Barcellona tanto da offrirle nel 1978 un terreno di famiglia in Toscana, a Garavicchio, frazione di Capalbio.

©Carlotta Coppo

Come sempre, Niki si butta entusiasta nel progetto. Ogni scultura è un’interpretazione unica di una carta del tarocco. L’intero giardino è un luogo magico e surreale, in cui il visitatore si aggira come in un labirinto, tra draghi, principesse, oracoli e profeti. Tra le 22 opere spicca la statua della morte. “La morte è il grande mistero della vita”, commmentava Niki,” con la sua falce permette a nuovi fiori di spuntare”.

Silvana Rizzi

Per info: Mudec, Via Tortona 56, tel. 02/54917. Aperto tutta la settimana con orari diverrsi, secondo il giorno.