Un giorno di vendemmia tra i vigneti dell’azienda

Grosjean ha aperto le porte della sua azienda per mostrare il meraviglioso mondo della viticoltura in Valle d’Aosta

È sempre interessante scoprire il dietro le quinte, tutta la macchina produttiva che sta dietro la realizzazione di qualcosa. Se poi quel qualcosa è uno dei prodotti italiani più amati al mondo, il vino, la faccenda diventa ancora più intrigante. Ecco perché è stato bello visitare l’azienda Grosjean Vins, leader in Valle d’Aosta nella produzione di vini.

Ho potuto toccare con mano la passione e la competenza che i proprietari mettono nella realizzazione dei loro vini. La qualità che riescono a ottenere non è frutto del caso, ma è il risultato di una sapienza millenaria che riescono a fondere con le innovazioni tecnologiche della modernità, mantenendo sempre un occhio attento verso l’ambiente e la cura del territorio. Anche perché la vigna della famiglia Grosjean sorge in un contesto naturale stupendo dove infinite schiere di filari di vite donano striature colorate a un grazioso angolo di verde incastonato tra le montagne. L’azienda si trova a Quart, in provincia di Aosta, e possiede uno dei vigneti più grandi della regione.

Fare vino in Valle d’Aosta non è semplice per via della sua conformazione geografica, ecco perché la viticoltura praticata nella regione si definisce a buon diritto eroica. Le vigne della famiglia Grosjean crescono su terreni difficilmente raggiungibili, ad altitudini oltre i 500 e fino a 900 m s.l.m. con pendenze che arrivano fino all’80%, necessariamente terrazzati. Proprio per il tipo di terreno impervio su cui crescono i filari di vite le lavorazioni richiedono fino a 700-800 ore per ogni ettaro, contro le 150 medie di un vigneto italiano. Un aiuto viene però dalla tecnologia moderna: l’agricoltura di precisione, come l’irrigazione goccia a goccia, permette di portare a maturazione grappoli sani e di primissima qualità, risparmiando al contempo il consumo d’acqua.

Una volta arrivati in azienda, ad accoglierci c’era una deliziosa colazione composta da caffè, acqua e dolcetti tipici valdostani chiamati torcetti e tegole. Mentre mangiavamo e bevevamo con gusto, uno dei membri giovani della famiglia, Simon, ci ha fornito qualche cenno di storia. Abbiamo così scoperto che, contrariamente a quanto si pensa, la viticoltura valdostana ha una tradizione secolare alle spalle, sebbene nel ‘900 abbia subito un periodo di decadenza. «In passato i vini valdostani erano talmente prestigiosi che venivano offerti dai Savoia agli altri sovrani europei», ha raccontato Simon.

Un momento di crisi per la viticoltura fu nel 1630, quando la peste citata dal Manzoni nei Promessi Sposi decimò due terzi della popolazione valdostana. Tra le famiglie della Savoia e della Borgogna invitate a ripopolare la Valle d’Aosta c’erano quelli che si ipotizza fossero gli antenati degli odierni Grosjean: si stabilirono tra Chambave e Fénis per coltivare alcuni terreni e produrre vino.

Dopo lunghi periodi di decadenza, fu negli anni ‘60 del ‘900 che la famiglia Grosjean fece il salto di qualità nella viticoltura, trasformandosi a poco a poco nella realtà moderna di oggi. Nonno Dauphin decise di investire completamente nell’attività vitivinicola arrivando a imbottigliare il proprio vino di ciliegiolo, presentato con successo all’Exposition des Vins du Val d’Aoste nel 1968. Da quel momento in poi l’azienda conobbe una crescita inarrestabile, che si tramutò nell’acquisizione di sempre nuovi terreni e nell’aumento dei volumi di produzione e vendita. Oggi alla guida troviamo già la terza generazione di vignerons composta da Hervé, Didier, Simon e Marco.

Dopo l’interessante excursus storico allietato dalla pausa caffè, ci siamo spostati all’interno della vigna Rovettaz, nata nel 1985. Tra i filari di vite abbiamo avuto modo di entrare davvero nel vivo della giornata, partecipando all’emozionante momento della vendemmia. Guidati da Hervé ci siamo disposti in vari gruppi su otto filari diversi. Tra le molte varietà autoctone presenti nella vigna Rovettaz a noi è stata assegnata la Petite Arvine: sono i suoi succosi grappoli che abbiamo colto muniti di guanti e cesoie. «È un prodotto fresco, fruttato e longevo», ha spiegato Hervé. Della Petite Arvine sono presenti 7.000 ceppi ad ettaro, con cui si producono 80-90 quintali di uva. Da questi volumi si ricavano circa 25.000 bottiglie, anche in tempi di siccità come quelli che stiamo vivendo. «È una varietà che sa accomodarsi a questi picchi di caldo mantenendo la freschezza», ha rivelato orgoglioso Hervé.

Dopo un’oretta di vendemmia è giunto il tempo di ristorarsi con un piccolo aperitivo preparato nel vigneto, dove protagonista non poteva che essere un vino, il Mas du Jario, metodo Classico. La degustazione degli eccellenti prodotti Grosjean è proseguita durante il pranzo, organizzato pittorescamente nella vigna su tavolini e sedute fatte di balle di fieno. La vista spettacolare sulla valle e i monti circostanti, il cibo sopraffino servito dal catering le Vélo e ovviamente il beveraggio di qualità offerto da Grosjean hanno reso il pranzo indimenticabile. Abbiamo potuto degustare una triade di vini superbi: l’antenato del 2021 del nostro futuro Petite Arvine, il Torrette Supérieur e il Fumin.

L’ultima tappa del tour di scoperta dell’azienda Grosjean si è svolta in cantina per vedere cosa accade all’uva dopo la vendemmia. La produzione dei vini rossi passa attraverso le seguenti fasi: la raspatura con un macchinario che divide gli acini dal resto, poi la pigiatura e per ultimo l’affinamento perché quello che finisce nelle vasche in acciaio deve essere rimestato spesso.

La stanza più affascinante di tutte è la cantina con le botti in legno di rovere. A rendere suggestivo l’ambiente è la rappresentazione in rilievo di una montagna, da cui scende un rivolo d’acqua a imitazione delle cascate alpine, ma anche con l’importante funzione di rinfrescare l’ambiente. Quest’immagine evocativa delle bellezze naturalistiche della Valle d’Aosta si trova nella parete in fondo tra le due file di scaffali contenenti le botti. Hervé ha spiegato che mantenere il giusto livello di umidità in cantina è molto complicato: «Le barrique sono i nostri clienti che bevono di più», ha detto scherzando, «bisogna fare in modo che non assorbano troppo vino e allo stesso tempo non si creino muffe».

Dalla cantina ci siamo poi trasferiti nel magazzino, dove pile di bottiglie stanno adagiate una sull’altra, sdraiate, in attesa di venire etichettate e spedite ai luoghi opportuni. «Produciamo circa 200-250.000 bottiglie, ma vorremmo arrivare a 300.000», ha rivelato Hervé. «Esportiamo circa il 50% dei nostri prodotti, in particolare in America e nei Paesi Scandinavi».

Sono 21 le tipologie di vino che l’azienda ha in catalogo: c’è la linea di vini biologici, con otto etichette; c’è la linea classica, con nove etichette, dalla Borgogna fino ai vini più autoctoni e rari; c’è la linea degli spumanti, quattro bollicine lanciate sul mercato da poco; e infine le chicche, rappresentate dall’edizione limitata (500 massimo 1.300 bottiglie) di vini che celebrano particolari annate o la storia della famiglia GrosjeanLe Frères.

L’azienda è molto attenta verso le tematiche ecologiche: «Cerchiamo di porre particolare attenzione all’aspetto etico e ambientale», ha confessato Hervé. In questa direzione va la scelta di fare un uso oculato del consumo d’acqua, ma anche la predilezione verso il biologico. Rientrano nello stesso filone di pensiero la decisione di utilizzare cartone riciclato per gli imballaggi, l’eliminazione della plastica e la creazione di un impianto fotovoltaico per il proprio fabbisogno energetico.

Grosjean non pensa solo a produrre vini di qualità, ma sta sviluppando anche un’offerta interessante di eventi collaterali legati allo sport e all’enoturismo. Sul versante sportivo è diventata famosa in Valle d’Aosta la Grosjean Wine Trail, gara di trail running che si tiene a Quart. Per quanto riguarda l’enoturismo sempre più in voga negli ultimi anni, l’azienda offre cinque diverse degustazioni tra cui scegliere: Les Classiques, Le Reserves, Selection Bio, Selection Bio et Vigne e Selection Top. Si va dal pacchetto di tre vini della linea classica per chi si avvicina per la prima volta ai vini di montagna, per passare poi ai vini bio, fino al pacchetto che propone i sei vini top del catalogo.

Un’interessante iniziativa lanciata da Grosjean si chiama Adotta un Cru e dà tutta una serie di vantaggi a chi deciderà di adottare un filare: si ricevono subito una bottiglia di una vecchia annata (selezionata dalla collezione privata della famiglia Grosjean) del cru scelto, una degustazione in cantina, sconti e, alla fine del periodo, 6 bottiglie della nuova annata del vigneto adottato, scegliendo tra l’annata adottata o quella commercialmente disponibile sul momento, tutte con etichetta personalizzata. Un modo originale per fidelizzare la clientela e renderla partecipe della salvaguardia di quell’affascinante mondo chiamato viticoltura, un mondo che per un giorno mi ha svelato i suoi segreti mostrandomi quanto lavoro si nasconda dietro un buon calice di vino.

Beatrice Maria Beretti

web site

SOCIAL FB