Cittaslow, vivere bene è possibile
Sfida globale, a marchio italiano
Raggruppa 88 Comuni della penisola l’associazione Cittaslow fondata nel 1999 a Orvieto e oggi presente anche in 287 città e 33 Paesi del mondo. I principi: lentezza ed economia circolare, sostenibilità e cultura, resilienza e giustizia sociale. “Senza non c’è futuro”
Innovazione e tradizione. Un vivere quotidiano che rispetti i ritmi della persona. Un’economia e un sistema produttivo rispettosi dell’ambiente e del Pianeta. La vita comunitaria all’insegna della resilienza, dei valori, della giustizia sociale e della cultura.
Già 88 comuni italiani, oltre ad altri quasi nel mondo a cavallo di 33 Paesi, hanno sposato il credo e la filosofia di Cittaslow, associazione e rete fondata a fine anni Novanta a Orvieto e che raggruppa, di regione in regione, di nazione in nazione e di continente in continente le Città del buon vivere.
Rete in allargamento, in Italia e nel mondo. “La nostra è una sfida gobale. L’obiettivo? Riconciliarsi con il pianeta”. Eccoci dunque, da Amalfi a Belluno, dalla Valditaro a Orvieto, da Norcia a Massa Marittima, da Teglio e Tirano a Todi e Tolfa, da Città della Pieve a Montefalco, dalle colline del centro Italia ai litorali del sud ai borghi montani delle Alpi, l’itinerario italico di Cittaslow, con il suo corredo di principi: lentezza positiva, economia circolare, sostenibilità e cultura, giustizia sociale.
Non poco. Si lavora per preservare lo spirito della comunità, trasmettendo memoria e conoscenza alle nuove generazioni.
Ma anche per promuovere e applicare innovazione tecnologica, di sistema e gestione, sempre a favore della sostenibilità. Iniziamo con un po’ di storia, ricordando che il movimento è nato nel 1999 proprio a Orvieto, per iniziativa di Paolo Saturnini, allora sindaco di Greve in Chianti, e dei sindaci di Bra e Positano.
La rete italiana dei comuni dove si vive bene è oggi quanto mai eterogenea e dislocata a macchia di leopardo sul territorio nazionale: 31 centri fra Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Liguria; 40 tra Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo; 17 tra Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. La regione con più comuni la Toscana, a seguire Emilia Romagna, Umbria e Campania.
Le 300 città che hanno aderito alla rete a livello mondiale sono invece per la maggior parte in Europa, ma anche in Canada, Usa, Brasile e Colombia, Sudafrica e Mozambico, Australia, Cina, Taiwan, Giappone e Sud Corea. Se le città di piccole e medie dimensioni restano alfieri della “slow filosofia”, la sfida è quella di esportare il modello nelle metropoli: si chiama infatti “Metropolis”, ed è al via in fase sperimentale su tre quartieri della turca Smirne, il progetto pilota di contaminazione della griglia valoriale del movimento alla grande città, lanciato nello scorso giugno nel corso dell’ultima assemblea generale orvietana.
A vent’anni dalla fondazione, i 5 principi ispiratori e obiettivi restano gli stessi. La lentezza positiva, ovvero la possibilità “di riappropriarsi del tempo necessario per crescere, socializzare, apprezzare la cultura, la natura e il cibo locale salutare, rispettando i ritmi naturali di ogni essere vivente”.
L’economia circolare è viatico per un sistema produttivo ecologico e anti spreco: condivisione, riutilizzo, riparazione, riciclo dei materiali alla base di campagne e attività che coinvolgono tutti gli attori del territorio, le attività produttive, gli artigiani, in consumatori, le istituzioni. Terzo principio la resilienza: ovvero la promozione del valore, senza autodistruzione.
Sostenibilità e cultura: si lavori par valorizzare patrimonio locale, utilizzando risorse del territorio, promuovendo, sempre, azioni di inclusione e di solidarietà sociale. E la giustizia sociale è il principio numero cinque, filo rosso fra tutti gli altri, assolutamente irrinunciabile: “In un mondo globalizzato e interconnesso, come quello in cui viviamo, non c’è futuro di qualità se non garantendo convivenza civile e pace tra i popoli”. È il futuro? Secondo i promotori sì.
Porte aperte dunque ad altre comunità che accettino la sfida. Occorre, per aderire alla rete, un processo strutturato di certificazione. Ne segue un cammino comune, all’insegna della condivisione di buone pratiche e di un continuo confronto: su turismo responsabile, agricoltura e artigianato, pianificazione urbana secondo i dettami della vivibilità, dell’inclusione e della sostenibilità, sull’educazione, sulla partecipazione ai grandi progetti internazionali del movimento.
Cittaslow ha battezzato un vero “Tavolo dei progetti”, si spazia dalle iniziative con le scuole ai piani di agricoltura bioecologica, dalla promozione artistica agli interventi di rigenerazione forestale o agreste, sino ai protocolli per la mobilità dolce e la salvaguardia del pianeta
Qualche esempio? Il “Cammino Slow”, o “Cittaslow Trial”: vacanze camminando sui sentieri delle Cittaslow in tutto il mondo. Escursioni e trekking, cammini lungo le antiche vie, nordic walking, mountain bike ed equiturismo, skyrunning e passeggiate meditative.
In maggio, in occasione della Giornata mondiale dedicata alle api, i comuni Cittaslow organizzeranno invece la campagna “CittaslowBee”, iniziative per valorizzare il lavoro prezioso di questo insetto, responsabile dell’impollinazione dell’80% delle piante a fiore. Il progetto è un’occasione per approfondire il concetto di biodiversità.
Come testimonial le api, insetti cartina tornasole del benessere (o malessere?) del pianeta Terra. Ancora “Cittaslow Plastic Free”, progetto per la riduzione dell’uso della plastica, e Mercato Cittaslow, evento itinerante per le piazze storiche e maggiormente identitarie, per la promozione di prodotti locali e eccellenze “sostenibili” in campo agricolo e artigianale. Il punto si farà in giugno, al prossimo ritrovo internazionale, già fissato, in due giornate, al Teatro Pallaviciano di Zibello e a Parma.
La Redazione
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